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Villasor
Tradizioni & Cultura

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La storia

Foto archivio storico

Il territorio del comune di Villasor è stato abitato fin da epoca e nuragica, come testimoniato dalla presenza dei ruderi del complesso "Su Sonadori" rinvenuto nell'area nord-occidentale. L'impero romano sfruttò il territorio per le colture cerealicole. Si ritiene che lo stesso nome "Sorres" possa derivare dal termine latino che significa "granaio".

Il Comune di Villasor è sorto nel 1414, quando l'arcivescovo di Cagliari Pietro Spinola concesse la zona in feudo al catalano Giovanni Sinelleris, con lo scopo di ripopolare l'area, teatro di oltre cinquant'anni di lotte tra gli Aragona e gli Arborea

Da quel momento il villaggio di Sorres divenne un punto di attrazione per gli abitanti degli altri villaggi della zona, tanto da ingrandirsi progressivamente e divenire il capoluogo della Curatoria, sino a quando,  nel 1537, questa divenne Contea (il 1° conte fu Giacomo Alagon).

 Nel 1594 la Contea fu poi elevata a Marchesato dal re spagnolo Filippo Il a favore di Giacomo Alagon. La familia Alagon, una delle più importanti ed illustri della Sardegna ed una delle più antiche d'Europa (pare discendesse dai primi re di Francia), mantenne il marchesato di Villasor fino all'abolizione del feudo nel 1839; l'ultimo possessore fu Gabriele de Sylva. Con l'abolizione del feudo, Villasor acquisì le sembianze di centro agricolo di particolare importanza grazie alla fertilità dei suoi terreni. e con una ubicazione di rilevanza strategica.

Il Castello Siviller

Situata al centro del paese, la "Casa Forte degli Alagon", meglio nota come "Castello Siviller" rappresenta un raro esempio di architettura civile e militare in Sardegna.

Fu costruito nel 1415 per volontà di Giovanni Sivilleris, su autorizzazione dell'arcivescovo di Cagliari, Pietro III Spinola, sulle rovine della chiesa parrocchiale di Santa Maria, al fine di proteggere la zona dalle incursioni dei ribelli arborensi, superstiti della guerra tra gli Arborea e gli Aragona.

Il suo aspetto risente ancora delle forme dei castelli medievali, ma le sue dimensioni e le sue caratteristiche costruttive, modificate attraverso i secoli, gli conferiscono le sembianze di una residenza emergente nel contesto del centro abitato. La struttura presenta una pianta a forma di "U", ma sembra che originariamente fosse presente un'altra ala simile a quella odierna e ad essa affiancata. 

Sopra il portale principale è scolpito uno stemma di forma circolare sormontato dalla corona marchionale. Esso raffigura, nella metà di sinistra, sei palle, arma della familia dei Da Silva, sovrapposte all'albero sradicato simbolo del Giudicato Arborense, e, nella metà di destra, i pali, stemma del regno di Aragona, e una torre alata rappresentante la  famiglia Alagon.

Lo stemma sembrerebbe appartenere al casato degli Alagon Arborea De Silva, cioè alla familia erede della fusione, avvenuta agli inizi del 1700. Nel corso della storia, a sequito dell'abolizione del feudalesimo, l'edificio è stato adibito a diversi usi: caserma, prigione, sede scolastica, per essere infine abbandonato e destinato a semplice rimessa agricola da parte dei proprietari. La fortezza è stata acquisita al patrimonio comunale solo nel 1991 e da quel momento, sottoposta a diverse opere di restauro.

Il Convento dei Cappuccini

Nel XVII secolo furono fondati a Villasor due conventi, uno appartenente all'Ordine dei Frati Minori Osservanti, l'altro ai Cappuccini. Ciascun convento aveva la rispettiva chiesa: San Michele o Santu Miabi quello degli Osservanti e Sant'Antioco quello dei Cappuccini. La fondazione del Convento dei Cappuccini è incerta. Alcuni l'attribuiscono all'atto di approvazione del Capitolo Provinciale celebratosi a Ozieri nel 1612, altri al Capitolo Provinciale tenutosi a Bosa nel 1628. Di certo ebbe l'autorizzazione dell'Ordine degli stessi Cappuccini, del Marchese e delle altre autorità laiche e religiose dell'epoca.  Nel 1629 fu benedetta e piantata la croce nel piazzale dell'erigenda Chiesa dedicata a Sant'Antioco martire sulcitano. 

Nel 1650 il convento era costituito da un dormitorio di 14 celle e da alcune stanze adibite a refettorio. Attorno si estendeva l'orto. Esso aveva la possibilità di ospitare comodamente una dozzina di frati. Il convento non aveva entrate perpetue, né temporali e neppure beni stabili.

Anche il convento di Villasor subì gli effetti del Regio Decreto 7 luglio 1866 che soppresse gli ordini, le corporazioni, le congregazioni e i conservatori religiosi e impose la cessione dei beni ad essi appartenuti al demanio dello Stato. Fu così che il Comune di Villasor ottenne questi beni immobili. Nei locali dell' ex Convento furono trasferiti il Municipio e le scuole. Nel 1967 furono sottoposti ad un'opera di restauro per poi ospitarvi l'asilo infantile delle sore dell'Ordine delle Figlie di San Giuseppe dal 1968 sino al 2002.

La Chiesa di Sant'Antioco

Con la soppressione degli ordini religiosi del 1866 il Comune di Villasor acquisì ache la proprietà della Chiesa di Sant'Antioco, adiacente al convento. L'antica chiesa, probabilmente la parrocchiale del distrutto villaggio di Nispidi, dopo alcuni restauri venne donata ai frati Cappuccini al loro arrivo a Villasor nel 1630 Conserva al suo interno un lavatoio del 1743.

Nel 1962 vennero collocatenuove campane insieme al restauro del muro esterno della Chiesa.

Nel giugno del 1963 si rivestì in marmo l'altare maggiore e si pavimentò il presbiterio con perlato di Sicilia.

Appartiene alla Chiesa di Sant'Antioco il quadro del 1600 attribuito al pittore genovese Orazio de Ferrari rappresentante la Crocifissione. L'opera era conservata nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari dal 1934 ed è stata riportata nella sua sede originale dal Sindaco Efisio Pisano nel 2005.

La valorizzazione e la fruibilità del complesso storico monumental rappresenta un'occasione di crescita per Villasor, volano di uno sviluppo sociale, culturale ed economico del paese.

Arti Manuali

Quando l'artigianato è tradizione, passione, manualità, il risultato è un tesoro unico e identitario da condividere nella vita di tutti i giorni.

Agricoltura
 

Era il lontano 1961, quando su iniziativa di un gruppo di agricoltori nasceva a Villasor la "Cooperativa Agricola Ortofrutticola Villasor". Oggi, dopo 50 anni, la Cooperativa Ortofrutticola Villasor è una delle realtà più importanti della Sardegna nel settore ortofrutticolo, specializzata sul carciofo.

Attualmente riunisce circa 200 soci con circa 3.000 ettari di terreni coltivati nella pianura del Campidano.

La natura del territorio, la fertilità dei suoli, il clima mediterraneo, la presenza di tre fiumi e di ricche falde sotterranee, hanno determinato, fin dall'antichità, la propensione della comunità di Villasor alle attività produttive agricole, ancora oggi l'economia della zona si basa sull'orticoltura e cerealicoltura.

Nel corso degli anni, la Cooperativa Ortofrutticola Villasor, si è continuamente ammodernata ed aggiornata nelle tecnologie e nell'organizzazione per essere in grado di rispondere alle mutate esigenze del mercato e per offrire ai consumatori prodotti sempre più controllati e garantiti. La Società si propone di valorizzare le produzioni tradizionali del territorio attraverso lo studio di disciplinari di produzione e l'introduzione di sistemi di qualità. Il fine è quello di tutelare il consumatore lungo tutta la filiera e raggiungere sempre migliori standard produttivi.

Gastronomia

Poter gustare i sapori della natura così come facevano i nostri avi.

Questa è l'eredità culturale di un popolo.

Musica & Costumi

L’abbigliamento tradizionale di Villasor si distingue e si caratterizza per “is pinnicheddas”, pieghette piccolissime che vengono fatte lungo le maniche della camicia femminile e sui pantaloni maschili. Per quanto riguarda le donne tale abbellimento veniva fatto per il periodo estivo mentre nel periodo invernale indossavano “su gipponi”, un giacchino corto a maniche lunghe. Le piccolissime pieghette sui pantaloni maschili, grazie a diverse ricerche, evidenziano e  permettono di individuare una determinata classe sociale.

Altro particolare dell’abbigliamento femminile è il modo di portare il velo, che mai doveva coprire il volto ma addirittura esaltare la pettinatura.

“Su ballu de prazza” o meglio noto come “su ballu tundu” era ed è un momento di aggregazione e divertimento per la comunità, tutti venivano trascinati e coinvolti nel ballo.

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